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Alla Ultra Mirage El Djerid 100km con Antonio Alongi

Considerando la scarsa disponibilità di gare sportive a causa dell'emergenza sanitaria di quest'anno, per non buttare al vento mesi e mesi di preparazione finalizzata alla partecipazione della trentacinquesima "Marathon des Sables" - che per ben due volte è stata rimandata - ho deciso di partecipare alla "Ultra Mirage El Djerid 100km" con i migliori presupposti e con l'obiettivo di fare bene e salire sul podio (magari anche sul gradino più alto). Purtroppo per alcune vicessitudini tristi ho dovuto rinunciare all'obiettivo che mi ero prefissato.

La partenza ` stata scaglionata a gruppi di quindici/venti corridori per ridurre l'assembramento dei concorrenti e proprio questa particolare formula non permetteva di essere sicuri al 100% della propria effettiva posizione durante tutta la gara, perché magari qualche altro concorrente partito in altre batterie poteva avere un tempo inferiore all'arrivo rispetto al mio. Io, essendo stato inserito tra i partenti nell'ultima batteria, ho deciso fin dal via di spingere forte già dal primo chilometro, portandomi in testa alla gara e restando lì fino al quarantacinquesimo chilometro.

Qui nel deserto della Tunisia la sabbia è una sabbia particolarmente soffice che non permette di correre in maniera spedita come mi ero programmato e per questo ho subito un dispendio energetico più alto del dovuto ed un conseguente affaticamento muscolare che non era stato preventivato. In realtà non so se sia stato a causa del differente tipo di sabbia incontrata in questo deserto tunisino (avevo già corso nel Sahara, in Marocco, dove la sabbia è però di tutt'altro tipo) o delle pastiglie di sali fornite dall'organizzazione oppure ancora al tipo di acqua bevuta, ma ho iniziato a soffrire di fortissimi crampi. Tutto ciò ha fatto sì che al quarantacinquesimo chilometro non riuscissi più a correre ed a mantenere il ritmo elevato che avevo prefissato. Sono stato costretto a camminare fino al novantaduesimo chilometro.

Ho provato a riprendere molto spesso a correre ma invano poiché dopo pochi metri i crampi mi iniziavano a tormentare immediatamente. A questo punto, dopo una decina di tentativi vani di riprendere a correre che portavano sempre allo stesso deludente risultato, ho capito che ormai la gara era andata: non avevo più le possibilità di competere per la classifica generale. Mi sono messo come si suol dire l'anima in pace ed ho deciso di intraprendere una lunghissima camminata fino all'arrivo.

Al novantesimo chilometro, dove era situato l'ultimo posto di controllo, facendo due rapidi calcoli mi sono reso subito conto che non sarei mai riuscito ad arrivare al traguardo entro le sette di sera, ovver entro il calar del sole. Avevo ancora dieci chilometri da percorrere per giungere all'arrivo e con una tempistica media di percorrenza di tredici minuti al chilometro sapevo che non sarei mai riuscito a tagliare il traguardo per tempo e sarei stato costretto a percorrere chilometri al buio nella notte, cosa che volevo evitare categoricamente. Per questo, nonostante il forte dolore alle gambe dovuto ai crampi, ho deciso lo stesso - con molta sofferenza - di riprovare a correre fino all'arrivo per evitare di doverlo fare nell'oscurità che non ti permette di avere dei punti di riferimento e percezioni reali.

Purtroppo il destino ha voluto che a circa tre chilometri dall'arrivo, a causa del forte vento che c'era stato nelle ore precedenti, alcune balise che contrassegnavano il percorso (alle quali era applicato dello scotch catarifrangente per renderle visibili nel buio pesto della notte sahariana) fossero state buttate giù per terra, quindi non più visibili. Questo mi ha fatto uscire dalla tratta del percorso facendomi perdere nel deserto per non so quanto tempo.

Sono stati dei momenti di puro terrore durante i quali ho avuto i pensieri più brutti che un uomo possa avere in questi momenti. Ho preso il fischietto ed ho iniziato a fischiare a più non posso in speranza che qualcuno mi sentisse e mi venisse a cercare, a soccorrere; non avevo nessun punto di riferimento, nessuna rotta da seguire tramite coordinate su una bussola, non c'era nessuno nel raggio di chilometri, nessuno visibile al quale chiedere aiuto. Non sapevo dove mi trovavo, facevo segnalazioni con la mia torcia frontale per segnalare anche in lontananza la mia presenza ma non c'era nessuno.

Solo dopo molto tempo che, disperso, vagavo senza rotta sulla sabbia, ho visto in lontananza una piccolissima luce, presumibilmente un corridore, dal quale ho cercato di farmi subito notare fischiando e lampeggiando disperatamente. Ma questi non mi ha prestato attenzione ed ha continuato per la sua strada. Magari pensava proprio che fossi un suo diretto avversario e che io potessi arrivare al traguardo prima vincendo il premio in denaro al suo posto. Proprio per questo penso che abbia ben deciso di proseguire facendo finta di nulla, perché non riuscire a sentire fischiare una persona nel mezzo del deserto e vedere le sue segnalazioni luminose è senza dubbio poco verosimile.

A questo punto ho deciso di rischiare. Nonostante i chilometri percorsi a vuoto ed essendo molto provato - soprattutto psicologicamente - dalla situazione, ho deciso lo stesso di avventurarmi verso la direzione nella quale andava quella piccola luce. Sapevo che poteva essere un grosso rischio e che magari avrei fatto altri chilometri a vuoto ma dovevo provare, era l'unica possibilità ed ho deciso di azzardare. Mentre corricchiavo, continuavo a guardarmi attorno alla ricerca disperata di qualche balise che mi facesse capire di essere rientrato sul percorso di gara ma continuavo a non vedere nulla.

Nell'ultimo chilometro finalmente ho visto in lontananza delle luci che venivano verso di me. Ho capito subito che era un'auto. L'ho fermata ed ho chiesto agli occupanti se il traguardo si trovasse nella direzione che stavo seguendo. Mi hanno confermato che ero sulla traiettoria esatta. Infatti, oltrepassata una duna, proprio dietro a questa era posizionato il traguardo. Mi sono sentito salvo. Non vedevo l'ora di completare la gara e di tornare a casa dalla mia famiglia il prima possibile.

Il direttore di gara era lì ad attendere i concorrenti che arrivavano. Appena tagliato il traguardo l'ho subito avvertito della situazione nella quale mi ero trovato e che era necessario che qualcuno fosse mandato a controllare le segnalazioni lungo il percorso negli ultimi chilometri. Penso che questa mia disavventura abbia fatto risparmiare ad altri corridori la brutta esperienza di doversi smarrire.

Nonostante tutto il tempo perso a girovagare nel vuoto, e con più di metà gara percorsa al passo, sono riuscito comunque a concludere settimo assoluto, a dimostrazione del fatto che la prima parte di gara l'avevo condotta in maniera molto forte guadagnando un bel po' di vantaggio sui miei avversari.

Non so se dire addio a questa gara o arrivederci perché l'esperienza è stata molto toccante. Solo il tempo potrà dirlo. Magari tra qualche anno ci ritornerò, oppure preferirò seguirla online da casa. Mi porto nel cuore e nella mente questi bizzarri ricordi ed esperienze che fortunatamente potrò raccontare ai miei figli.


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